Introduzione – Cos’è un DSA?

Che cos’è la dislessia? Come la posso riconoscere e come posso aiutare mio figlio? La dislessia rientra nei DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento), una definizione che include in generale le difficoltà apprendimento della lettura, scrittura e del calcolo. I DSA si manifestano all’inizio della scolarizzazione e sono disturbi che coinvolgono uno specifico dominio di abilità, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale. I DSA pertanto non sono causati né da un ritardo mentale (per il quale si parla nei casi di quoziente intellettivo inferiore a 70), né da patologie o problematiche a livello sensoriale (ad esempio un problema alla vista può portare a difficoltà nella lettura o nella scrittura anche in assenza di un disturbo specifico). È necessario pertanto escludere entrambe queste possibilità prima di effettuare una diagnosi di DSA. Sulla base del deficit funzionale possiamo distinguere tre tipi di DSA:

  • Dislessia: cioè disturbo della lettura, intesa come abilità di decodifica del testo.
  • Disortografia: cioè disturbo nella scrittura, intesa come abilità di codifica fonologica e grafica e competenza ortografica.
  • Discalculia: cioè disturbo nelle abilità di calcolo, intesa come capacità di comprendere e operare con i numeri.

In questo articolo affronteremo nel dettaglio la dislessia, vedremo in che cosa consiste, come riconoscerla e come intervenire.


Che cos’è la dislessia?

Dislessia e capacità di lettura

La dislessia è un Disturbo Specifico dell’Apprendimento che riguarda l’abilità di decodifica del testo e che si manifesta con una particolare lentezza nella lettura. Il bambino dislessico tentenna ed è insicuro nella lettura, legge lentamente, spesso salta il rigo, torna indietro perché perde il segno. Fa fatica ad automatizzare la lettura e per questo può fare molti più errori rispetto ad un normolettore. La dislessia non è legata a nessuna patologia o causa ambientale, socio-educazionale, né ad uno sviluppo neurologico atipico. Nei casi di dislessia infatti non si parla di ritardo mentale o di mal funzionamento cognitivo. La dislessia non è una malattia, ma una neurordiversità: il dislessico ha un suo modo di percepire l’ambiente, di elaborare le informazioni.

Le cause della dislessia: dislessia evolutiva e dislessia acquisita

È necessario prima di tutto distinguere tra dislessia evolutiva e dislessia acquisita. Nel primo caso, ovvero quello che trattiamo in questo articolo, parliamo di una predisposizione biologica presente fin dalla nascita che comporta un alterato processo di acquisizione della lettura. Tale condizione è generalmente presente all’interno del nucleo familiare (familiarità) e un bambino dislessico spesso condivide questo disturbo con almeno uno dei genitori.

Il caso della dislessia acquisita è differente al punto tale che, sebbene i due disturbi siano associati dalla presenza di deficit simili, è possibile considerarle come due condizioni distinte con etiologia completamente differente. La dislessia acquisita riguarda le situazioni in cui le competenze nelle lettura vengono perse o compromesse a causa di eventi traumatici o patologici che vanno a interferire con il corretto funzionamento cerebrale (ovvero che colpiscono nello specifico l’area cerebrale interessata alla lettura) o a causa dell’ invecchiamento cerebrale o del sistema vascolare. Per questo motivo la dislessia acquisita si riscontra solitamente in età avanzata, mentre la dislessia evolutiva si manifesta con l’inizio della scolarizzazione, cioè nel momento in cui il bambino viene esposto all’apprendimento della lettura.

Si può guarire dalla dislessia?

Alla base della dislessia c’è quini una predisposizione biologica. Questo spiega la familiarità, cioè la maggiore probabilità del manifestarsi del disturbo in bambini provenienti da famiglie dove si sono già presenti casi di dislessia. La predisposizione biologica, o il fatto che la dislessia rientri nei disturbi del neurosviluppo, non significa che non si possa intervenire o che il dislessico sia destinato all’insuccesso nella carriera scolastica e lavorativa. Significa solo che dobbiamo accettare il fatto che i DSA sono disturbi cronici e che quindi non possono essere eliminati totalmente. È tuttavia possibile trovare delle strategie per compensare e, con attività specifiche e mirate al singolo caso, attenuare le difficoltà manifestate.

Insegnante supporta bambina con dislessia

Quali sono i sintomi della dislessia?

Da cosa si riconosce la dislessia?

È importante saper individuare precocemente la presenza della dislessia. Abbiamo detto che è un disturbo presente fin dalla nascita, ma che si manifesta nella fase di scolarizzazione, cioè quando il bambino si approccia all’apprendimento della lettura. “La velocità di decifrazione viene ormai considerata come il “marker clinico” principale per la diagnosi” (Susi Cazzaniga, “Il trattamento sublessicale della dislessia”). La padronanza della capacità di lettura viene valutata dalla velocità e dall’accuratezza del bambino quando legge un testo. Dai dati della letteratura emerge che l’abilità di comprensione del testo scritto è di natura diversa e almeno in parte indipendente dai deficit di decodifica, anche se può ovviamente risentire della presenza di quest’ultimi.

Ci sono dei segnali che ci permettono di individuare degli indici predittori di rischio di dislessia già in età prescolare. Per esempio la difficoltà nell’imparare filastrocche e rime, nella costruzione di frasi e nella pronuncia o nella ripetizione o individuazione di toni, suoni ,sillabe e parole simili, così come nell’apprendere nuove terminologie e ad attribuire significati alle nuove parole. Per maggiori informazioni sui sintomi della dislessia nei bambini rimandiamo a questo articolo.

Che differenza c’è tra dislessia e disgrafia?

Come abbiamo visto, quando si parla di dislessia ci si riferisce specificatamente alla difficoltà che il bambino incontra quando si approccia alla lettura di un testo. Quindi anche se spesso possono manifestarsi insieme non dobbiamo confondere la dislessia con la disortografia, che invece riguarda le difficoltà che il bambino riscontra nell’apprendimento della scrittura. Spesso infatti un bambino dislessico incontra difficoltà anche nella scrittura, specialmente per quanto riguarda l’ortografia. Si tratta tuttavia di due disturbi distinti che riguardano due abilità diverse ma che possono presentarsi in comorbilità. Questo dipende dal fatto che l’evoluzione delle competenze di lettura e scrittura avviene in modo congiunto. Per maggiori informazioni sui sintomi della disgrafia nei bambini rimandiamo a questo articolo.

Bambina dislessica fatica a leggere

Come si comporta un bambino dislessico?

Quali difficoltà incontra un bambino dislessico?

Il bambino dislessico fa un grande sforzo cognitivo e attentivo per riuscire a capire e ricordare ciò che legge. Questo sforzo lo stanca molto più facilmente rispetto ad un bambino non dislessico, causando difficoltà nella comprensione del testo da leggere. Queste caratteristiche della dislessia non rendono la vita facile a scuola. Dove gli altri riescono più velocemente in compiti di lettura e comprensione, il bambino dislessico, oltre alla difficoltà inerente il suo disturbo, vive un grande disagio psicologico dovuto al confronto con i suoi pari: sente di non essere bravo come gli altri, crede di essere meno intelligente.

Se un genitore o un insegnante non comprende la situazione, se il DSA non viene riconosciuto per tempo, il bambino va incontro alla frustrazione che deriva dal sentirsi non capito dalla maestra o dai genitori. Questi a loro volta non capiscono come un bambino intelligente non riesca a leggere, comprendere e a ripetere l’argomento di studio. È per questo motivo che i bambini non diagnosticati per tempo sviluppano spesso ansia da prestazione e un basso livello di autostima, convincendosi di non essere all’altezza, di non rientrare nella media dei coetanei. Una volta arrivati alle superiori i casi di abbandono scolastico non sono rari tra i dislessici.

Come legge un bambino dislessico?

Per comprendere meglio le difficoltà che un bambino dislessico incontra nella lettura possiamo immaginare la differenza di cui tutti hanno esperienza tra la lettura di parole conosciute e parole sconosciute. Il processo di apprendimento della lettura conduce, laddove non si presentano difficoltà nella sua acquisizione, al raggiungimento di quello che viene definito come ‘stadio lessicale’, che potremmo definire come la capacità di riconoscere una parola presente nel nostro vocabolario senza doverla leggera lettera per lettera, ma riuscendo invece a riconoscerla il più delle volte già dalle prime sillabe o dal contesto. Diverso è il caso in cui la nostra conoscenza lessicale non può essere applicata, poiché ci si trova davanti a una parola sconosciuta, oppure inventata. Si pensi a come ci si approccia alla lettura di una parola come “lomminello” oppure “rusciolole”: per tentare di comprendere di quale termine si tratti siamo costretti a leggerla lettera per lettera, fino alla fine della parola. Questo è l’approccio alla lettura di un bambino dislessico: non avendo raggiunto lo stadio lessicale, non riesce ad automatizzare la lettura e quindi fa maggiore sforzo per riconoscere la parola. Il suo approccio ad una parola conosciuta è uguale al nostro di fronte ad una parola sconosciuta.

Quali sono i punti di forza di un dislessico?

È importante ricordare che il processo di apprendimento dei bambini con dislessia ha anche numerosi punti di forza: ragionano in modo dinamico e hanno un’incredibile flessibilità di pensiero, hanno una visione più ampia e universale di ciò che imparano, apprendono molto velocemente dall’esperienza. Persone diverse dimostrano di preferire diversi canali sensoriali quando si approcciano allo studio, determinando diversi stili di apprendimento. Ad esempio:

  1. Chi ha uno stile di apprendimento visivo-verbale mostra una preferenza per la letto-scrittura e il codice linguistico, ricordando meglio le informazioni presentate in modalità scritta. Quanto studia usa e si avvale di strategie specifiche: legge più volte, sottolinea il testo, usa schemi e grafici, elabora le informazioni scrivendo, fa riassunti, prende appunti mentre ascolta. 
  2. Chi ha uno stile visivo non verbale ha una preferenza per le immagini, gli schemi, le mappe. Quando studia evidenzia le parole, usa colori per differenziare i concetti, usa simboli per rappresentare le informazioni. 
  3.  Chi ha uno stile di apprendimento uditivo privilegia principalmente l’ascolto. Apprende meglio ascoltando le lezioni, può registrarle e poi riascoltarle, presta attenzione alle spiegazioni orali. Studia bene in un piccolo gruppo.
  4. Chi ha uno stile di apprendimento cinestetico apprende attraverso l’esperienza concreta e la sperimentazione pratica. Nello studio preferisce creare modelli, disegni e beneficia di forme di apprendimento cooperativo, di gruppo ed esperienze pratiche.

I bambini con un DSA hanno generalmente preferenza per i canali visivo, uditivo ed cinestetico. Sapere qual è lo stile di apprendimento e quindi il canale sensoriale di riferimento di un bambino con DSA è utile per gli insegnanti quando devono redigere un PDP (Piano Didattico Personalizzato) in modo di aiutare il bambino con DSA a trovare la strategia migliore per apprendere.

Bambino dislessico è preoccupato a scuola

Diagnosi della dislessia: l’importanza della prevenzione.

Per poter effettuare una qualsiasi diagnosi di dislessia o in generale di DSA è necessario prima di tutto escludere i casi in cui presenti ritardo mentale, handicap sensoriali (soprattutto visivi e uditivi), svantaggio socioculturale (inteso come deprivazione sensoriale e affettiva precoce), povertà di stimoli intellettuali, carenti condizioni ambientali, povertà linguistica, differenza culturale e linguistica, mancanza di aiuto a casa, carenza di istruzione o disturbi emotivi che possano incidere sul rendimento scolastico.

Quando può essere effettuata una diagnosi di dislessia?

La dislessia può essere diagnosticata dal secondo anno della scuola primaria, in quanto è in questo periodo che ci si aspetta che un bambino abbia acquisito la tecnica di decodifica nella lettura e abbia raggiunto un sufficiente livello di automatizzazione tale da consentirgli lo studio autonomo.

Un bambino dislessico al secondo anno di primaria presenta invece una lettura lenta e imprecisa. Ha difficoltà a leggere ad alta voce davanti agli altri compagni, pensa di non riuscire e di essere giudicato non capace. Rischia così di sviluppare un’ansia da prestazione e un basso livello di autostima che in futuro potrebbero portarlo a credere di dover rinunciare allo studio.

Come si previene la dislessia nei bambini?

Sebbene la diagnosi possa essere effettuata solo a partire dai sette anni circa, è necessario distinguere tra gli interventi diagnostici (a cui segue un trattamento) e la prevenzione. Infatti è possibile individuare dei primi segnali della presenza di un DSA già a partire dalla scuola dell’infanzia, ovvero in bambini dai quattro ai cinque anni. Dal momento che per questa fascia di età non è possibile parlare di diagnosi, questi segnali non devono essere considerati come sintomi veri e propri di dislessia, ma vengono più generalmente definiti indici di rischio.

Cos’è un percorso di potenziamento per la dislessia?

Nel caso in cui si accorga di difficoltà nella lettura o si cominci a sospettare una possibile dislessia in bambini della scuola dell’infanzia, è possibile intervenire attraverso percorsi di potenziamento delle carenze e al rinforzo dell’aspetto psicologico relazionale, aiutando il bambino ad affrontare con serenità sia l’apprendimento scolastico che le relazioni con i coetanei. L’articolo 3 della legge 170/2010, sottolinea l’importanza della prevenzione:

“E’ compito delle scuole di ogni ordine e grado, comprese le scuole dell’infanzia, attivare, previa apposita comunicazione alle famiglie interessate, interventi tempestivi, idonei ad individuare i casi sospetti di DSA degli studenti, sulla base dei protocolli regionali di cui all’articolo 7, comma 1. L’esito di tali attività non costituisce, comunque, una diagnosi di DSA.”

I genitori possono quindi confrontarsi con le insegnanti già dalla scuola dell’infanzia, dalle quali possono ricevere anche una segnalazione nei casi in cui per prime notassero delle difficoltà. In questi casi è possibile rivolgersi a un terapista specializzato in Disturbi Specifici dell’Apprendimento per effettuare una prima valutazione. Se il terapista dovesse confermare queste difficoltà, sarà allora possibile procedere con un percorso di potenziamento personalizzato che potrà aiutare a comprendere meglio e cominciare ad arginare il disturbo.

Al termine del percorso di potenziamento (che può durare dai tre mesi a un anno), si potrà effettuare una seconda valutazione. Nel caso in cui le difficoltà fossero superate si potrà confermare che non si tratta di un disturbo, permettendo al bambino di riprendere con maggiore serenità il suo percorso scolastico. Qualora invece il potenziamento non dovesse risultare sufficiente, si saranno raccolti già alcuni elementi utili per avviare l’iter per una diagnosi definitiva di dislessia. La diagnosi clinica deve essere realizzata da specialisti accreditati ed è un prerequisito fondamentale per garantire al bambino l’applicazione delle misure dispensative e degli strumenti compensativi previsti dalla legge 170/2010 per l’insegnamento ai bambini DSA, tra cui l’elaborazione di piano didattico personalizzato (PDP).


Conclusioni

Ho cercato di descrivere che cos’è la dislessia e quali sono i primi segnali con cui può manifestarsi. È importante saper differenziare tra difficoltà, che possono dipendere da carenze nell’istruzione ricevuta o dalla presenza di una personalità ansiosa e insicura, e disturbo. Un percorso di potenziamento delle carenze è sufficiente a recuperare una difficoltà. I disturbi dell’apprendimento invece tenderanno a permanere nel tempo e, in quanto disturbi cronici, non potranno mai essere risolti del tutto. Tuttavia quanto più precocemente si interviene, tanto più è possibile aiutare il bambino a migliorare la prestazione scolastica e di conseguenza la sua autostima e sicurezza nel sociale.


Qual’è la definizione di dislessia?

“Si intende per dislessia un disturbo specifico che si manifesta con una difficoltà nell’imparare a leggere, in particolare nella decifrazione dei segni linguistici, ovvero nella correttezza e nella rapidità della lettura” (legge 170- 8 ottobre – 2010).

Chi può diagnosticare la dislessia?

La diagnosi clinica di dislessia viene effettuata da specialisti accreditati nell’ambito dei trattamenti specialistici assicurati dal Servizio Sanitario Nazionale.

A quali problemi può portare la dislessia se non trattata?

La dislessia non trattata porta a difficoltà nell’apprendimento e nel rendimento scolastico poiché il bambino dislessico non ha avuto modo di apprendere delle strategie per compensare la sua difficoltà. Spesso a causa degli insuccessi scolastici sviluppa ansia da prestazione, basso livello di autostima, arrivando frequentemente persino all’abbandono degli studi.

Quali sono le cause della dislessia?

La dislessia è il risultato di fattori genetici, che ne spiegano la ereditarietà, e fattori ambientali che predispongono all’insorgenza di Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

La dislessia è un disturbo mentale?

No, la dislessia non è in nessun modo un disturbo mentale. È invece un disturbo che coinvolge uno specifico dominio di abilità, ovvero quello della lettura, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale.

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